La riscoperta della Roveja, legume antico e prezioso
La roveja o roveggia è un legume riscoperto soltanto negli ultimi anni anche grazie a Slow Food: ecco come usarlo in cucina e perché sceglierlo.
Tutto è ricominciato da una cantina. Una cantina situata a Civita di Cascia, minuscola frazione di Perugia che sorge a 1300 metri di altitudine, semidistrutta dal terremoto del 1979 e abitata da poche decine di volenterose anime. È il 1998 quando Silvana Crespi De Carolis, originaria di quei luoghi ma cresciuta a Roma, va in quella cantina con l’amica Geltrude Moretti per rimetterla un po’ in ordine. Fra tanta polvere, vecchi attrezzi, oggetti da salvare e altri semplicemente da buttare, ecco spuntare un barattolo con attaccato un pezzetto di carta su cui si legge roveggia.
Un legume piccolo ma prezioso
È iniziata così la riscoperta della roveja (o roveggia, appunto), piccolo legume simile al pisello il cui seme ha un colore va dal verde scuro al marrone-grigio. Nei secoli passati era coltivato sugli Appennini umbro-marchigiani, in particolare sui Monti Sibillini, un alimento fondamentale per pastori e contadini che lo impiegavano in corroboranti zuppe per il suo buon sapore e la capacità di resistere alle basse temperature e in condizioni di scarsità di acqua. Era un alimento fondamentale per i pastori e i contadini, che lo utilizzavano insieme a lenticchie, cicerchie, fave, fagioli e farro per la preparazione di ottime zuppe. Dopo un periodo di grande diffusione, la roveja è stata abbandonata per coltivazioni più redditizie e meno faticose. Lo spopolamento delle aree montane sembrava aver chiuso definitivamente questo capitolo. Invece, poi, Silvana e Geltrude si sono ritrovate fra le mani il barattolo con i semi. Dopo aver chiesto lumi ai più anziani del paese, hanno deciso di provare a piantarli. Il tentativo è andato decisamente a buon fine: la roveja è tornata in vita e nel 2006 è diventata presidio protetto da Slow Food. Un presidio Slow Food che coinvolge quattro piccoli produttori di Civita di Cascia e si propone di diffondere la conoscenza di questo legume.
La produzione e le proprietà
Con ogni probabilità la roveja proviene dal Medio Oriente. Di certo in Europa è conosciuta dall’era preistorica e rappresentava la base dell’alimentazione umana nel Neolitico insieme alla lenticchia, all’orzo e al farro. I greci e i romani la consideravano un legume prelibato e, come detto, era un cibo fondamentale per i pastori e i contadini dell’Umbria. Scomparsa dalle tavole per lungo tempo, è stata recuperata grazie al presidio Slow Food e fa proseliti sia fra la popolazione umbra che nelle regioni vicine. La raccolta, però, resta difficoltosa e stancante e non è stato ancora trovato il modo per semplificarla tramite le tecnologie moderne: si usano solo le mani. La roveja è seminata a marzo a un’altitudine che va dai 600 ai 1200 metri e si raccoglie tra la fine di luglio e l’inizio di agosto. La battitura è simile a quella della lenticchia: quando la metà delle foglie risulta ingiallita e i semi appaiono cerosi, si sfalciano gli steli e si lasciano sul prato a essiccare; quindi si portano sull’aia e si trebbiano. Le impurità dalla granella sono eliminate tramite una ventilazione effettuata con setacci. La roveja si consuma sia fresca che essiccata; nel primo caso contiene il 7% di proteine e fornisce circa 75 calorie ogni 100 grammi, nel secondo arriva al 21% di proteine e a 300 calorie ogni 100 grammi. Elevato è il contenuto di carboidrati (arrivano al 50%), potassio, fosforo, fibre e vitamina B1.
Utilizzo in cucina
La roveja è utilizzata per la preparazione di zuppe saporite e nutrienti, da sola o più di frequente mescolata ad altri legumi fra cui le fave e le cicerchie. Chi ha fantasia, a dire il vero, può davvero sbizzarrirsi aggiungendo per esempio anche patate, carote, sedano, peperoncino, guanciale, crostini, persino salsicce. Macinata a pietra la roveggia si trasforma in una farina dal retrogusto amarognolo con cui è preparata la farrecchiata o pesata, una sorta di polenta tradizionalmente condita con un battuto di acciughe, aglio e olio extravergine d’oliva; è buona anche il giorno successivo, affettata oppure abbrustolita in padella. La farina è usata inoltre per dare un tocco in più agli gnocchi di patate. Ancora, questo legume è da provare in insalata con il cavolo nero oppure con erbe selvatiche commestibili quali la borragine, il tarassaco, la saporitella. Tutto da gustare il sodalizio con i funghi e il tartufo nero.
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