Avete mai cucinato lo Sfratto dei Goym?
Lo sfratto dei Goym è un dolce tradizionale – oggi presidio Slow Food – che unisce la tradizione maremmana alla cultura ebraica.
Gli sfratti sono un dolce tipico di Pitigliano e Sorano, oggi presidio Slow Food a tutela di una produzione artigianale di nicchia. un dolce artigianale che ricorda una vicenda amara La loro origine si ricollega a un tragico episodio storico: agli inizi del 1600 Cosimo II de’ Medici decise di trasferire forzatamente tutti gli ebrei di Pitigliano all’interno di un’area poi divenuta il ghetto. La presenza di una comunità ebraica nel paese toscano era così significativa a quei tempi che il borgo era stato ribattezzato la Piccola Gerusalemme. Per costringere gli ebrei a lasciare le loro abitazioni un messo si presentava all’uscio e batteva sulla porta di casa con un bastone. La forma del biscotto ricorda vagamente quel bastone con cui si intimava l’allontanamento. Quasi la dimostrazione, come l’umorismo ebraico spesso insegna, che si può trovare il dolce anche nelle situazioni più amare e dolorose.
IL DOLCE DELLE FESTE
Gli sfratti sono preparati da alcuni forni di Pitigliano e Sorano ancora come una volta. Di solito si trovano in vendita durante tutto l’anno. Richiedono una lunga e lenta cottura: sono a base di miele, noci tritate, noce moscata, scorza d’arancia e vino. un dolce ricco e calorico, a base di miele e frutta secca Gli ebrei di Pitigliano li consumavano in occasione di Rosh haShana, quello che per loro è il Capodanno religioso e cade nel mese di settembre. Il dolce è stato adottato anche dalla popolazione dei gentili (i non ebrei, chiamati anche goym), finendo spesso sulle tavole nel periodo natalizio. Pur essendo gli sfratti molto calorici a fronte della presenza di miele e frutta secca, sono abbastanza bilanciati sotto il profilo nutrizionale. Una volta cotti in forno si conservano per una decina di giorni. Per Slow Food che ha inserito il particolare biscotto tra i suoi presidi, questo dolce è il simbolo della cucina di contaminazione, punto d’incontro fra cultura ebraica e maremmana. Sostenere questa produzione, significa promuovere la conoscenza di Pitigliano e Sorano, due suggestivi borghi medioevali nel cuore della Maremma, e salvare la memoria di un tragico episodio.
LA RICETTA TRADIZIONALE
La ricetta è tramandata di generazione in generazione, da secoli. Ogni famiglia ha i suoi segreti per la riuscita ottimale del dolce. ogni famiglia ha i suoi segreti per la riuscita ottimale del dolce C’è chi non usa le uova, chi aggiunge un po’ di olio all’impasto a seconda che si preferisca l’involucro esterno più friabile o al contrario morbido e ricco. Gli ingredienti sono quelli caratteristici dei dolci natalizi maremmani, a dimostrazione della contaminazione tra cultura toscana e tradizione ebraica. Per alcuni le origini del dolce affonderebbero ancora più indietro nel passato, addirittura fino al tempo degli Etruschi. La forma del biscotto è da sempre allungata (circa 20-25 centimetri). Secondo il disciplinare di Slow Food per preparare lo sfratto servono 400 g di farina di grano tenero 00, 150 ml di vino bianco secco, 200 g di zucchero e 40 ml di olio extravergine di oliva. C’è una variante che prevede l’uso anche delle uova (4).
Per il ripieno si usano 500 g di miele millefiori, 500 g di noci sgusciate, scorza d’arancia e noce moscata q.b. Per preparare il ripieno si mette a cuocere il miele, mescolando bene per circa 30 minuti: poi si aggiungono le noci tritate. Quando l’impasto è omogeneo si toglie dal fuoco e si aggiungono scorza d’arancia e noce moscata grattugiate. Si lascia a raffreddare, mentre si procede a realizzare l’impasto per l’involucro esterno, non lievitato. Una volta pronto l’impasto si stende e si taglia a strisce. Si distribuisce il ripieno e si chiudono le strisce di pasta. Si lucida con acqua e olio o con uovo a seconda del tipo di impasto realizzato per l’involucro esterno. Si cuoce il tutto in forno per circa mezz’ora a 180 °C. Si lascia raffreddare e poi si taglia a fettine e si serve.
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