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Cos’è la sovranità alimentare?

di Marta Manzo 25 Ottobre 2022 14:30

Vi spieghiamo, in sintesi, che cos’è la sovranità alimentare: un concetto complesso che sta facendo discutere.

Nel presentare la nuova squadra di Governo, la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha comunicato il cambio di denominazione di alcuni ministeri. Tra tutti, quello che ha suscitato più interesse è sicuramente il neonato Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, sorto dalle ceneri del precedente Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali e assegnato a Francesco Lollobrigida, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera nonché cognato della premier. Termine disturbante per molti, sovranità richiama immediatamente alla mente sovranismo: un termine politico, spesso propugnato dall’ideologia di Meloni e dalla sua coalizione di destra. In realtà, però, il concetto di sovranità alimentare è molto più complesso, oltre che anziano, rispetto a ciò che saremmo automaticamente portati a credere.

Che cos’è la sovranità alimentare

In rapida sintesi, da oltre 25 anni il concetto di sovranità alimentare indica un modello di gestione delle risorse alimentari che si basa sulla sostenibilità, sul rispetto dell’ambiente e dei lavoratori, sui principi di giustizia sociale e autodeterminazione. Niente massimizzazione del profitto e conseguente mercificazione del cibo: si deve ridurre la distanza tra fornitori e consumatori, si devono combattere gli sprechi e bisogna valorizzare conoscenze tradizionali, territori e persone nella produzione.

Una scelta anche francese

La nuova dicitura del nostro ex Ministero dell’Agricoltura ricalca quella che, a inizio anno, ha voluto anche il Governo francese: lo stesso Presidente Emmanuel Macron ha infatti scelto, per l’omologo dicastero, il nome di ministère de l’Agriculture et de la Souveraineté alimentaire. E potrebbe non essere un caso che il primo incontro informale di Meloni, da neoinvestita Presidente del Consiglio, sia avvenuto proprio con Macron.

Quando nasce la sovranità alimentare?

Abbiamo detto: oltre 25 anni fa. Questo concetto sarebbe stato introdotto per la prima volta nel 1996 a Tlaxcala, in Messico, da Via Campesina: una organizzazione internazionale non governativa composta da oltre 180 piccole e medie aziende di contadini, donne delle aree rurali e comunità indigene di oltre 80 Paesi che, fondata 3 anni prima in Belgio, da allora si impegna a gran voce per un’agricoltura equa e sostenibile.

2007: il forum sulla sovranità alimentare e la Dichiarazione di Nyéléni

La definizione di sovranità alimentare si trova anche nella cosiddetta Dichiarazione di Nyéléni, il risultato del Forum internazionale sulla sovranità alimentare tenuto in Mali nel febbraio 2007. Qui 500 delegazioni di movimenti contadini e organizzazioni della società civile di oltre 80 Paesi hanno stabilito che la sovranità alimentare è “il diritto dei popoli ad alimenti nutritivi e culturalmente adeguati, accessibili, prodotti in forma sostenibile ed ecologica, e anche il diritto di poter decidere il proprio sistema alimentare e produttivo“.

Cosa comporta la sovranità alimentare?

Per come è inteso adesso, il risultato dovrebbero essere accordi trasparenti e cambiamenti radicali nel commercio del cibo. L’unica soluzione, ribadisce proprio Via Campesina, per affrontare la crisi alimentare che stiamo vivendo. “Oggi si produce abbastanza cibo per sfamare tutti sul pianeta – scrive infatti in un post sul sito – il problema è l’accesso e la disponibilità di cibo nutriente“. Ostacolato, chiarisce, dalle politiche dell’agricoltura industriale operate finora, in cui raccolti e profitti finirebbero in mano a poche grandi società, per meri interessi economici.

Da non confondere con l’autosufficienza

Dalle pagine de La Stampa, Carlo Petrini si compiace che il termine sovranità alimentare sia nuovamente alla ribalta. “La cosa non mi può far che piacere – scrive – perché è alla base del lavoro di Slow Food da ormai trent’anni“. E spiega che, se applicata correttamente, la sovranità alimentare crea una tensione positiva tra dimensione locale e globale e permette ai popoli di essere davvero liberi nella scelta di cosa produrre e consumare, mettendo al centro il benessere delle persone e del pianeta. Solo che non va confusa con l’autarchia, l’autosufficienza economica di una nazione. Sovranità alimentare, dunque, non è da intendersi come difesa (strenua) del made in Italy. Piuttosto una scelta, molto politica, che deve essere portata avanti con molta attenzione.