La Cucina Indiana si distingue per due tradizioni differenti. La prima, diffusa soprattutto al Nord, che fa uso di carne e la seconda, diffusa invece al Sud, che è principalmente vegetariana. La cucina indiana del Sud è quella che più si caratterizza per il grande utilizzo di spezie per aromatizzare i piatti ed accompagnare le verdure.
È però la cucina settentrionale che ha avuto più successo oltre i confini indiani. I piatti conosciuti e apprezzati in Europa provengono infatti spesso da quest’area: il riso pilaf, il pollo al curry, il pollo tandoori sono originari di quest’area. Anche quelli che potremmo definire antipasti sono piuttosto comuni in India: gli stuzzichini più famosi sono i samosa, ossia dei piccoli triangoli di pasta di farina ripieni e fritti. Non mancano, infine, il kebab indiano con carne di agnello, Dosa e Masala Dosa, simili a delle piadine farcite con patate, riso, lenticchie e spezie.
Le spezie sono l’elemento essenziale di ogni piatto indiano, quello che insaporisce e arricchisce ciascun ingrediente. Tra quelle più utilizzate, troviamo naturalmente la curcuma, il cumino, il coriandolo e il peperoncino, tuttavia in molte ricette sono presenti anche i chiodi di garofano, la cannella, il cardamomo, la noce moscata, l’aglio e lo zafferano. Con il termine curry si intendono inoltre degli stufati più o meno liquidi e ricchi di spezie a base di verdure, carne o formaggi oppure, più semplicemente, dei mix in polvere di 5-10 spezie utilizzati per condire le varie pietanze. La parola hindi che indica quest’ultimo tipo di preparazione è masala: i famosi garam masala e tandoori masala, infatti, altro non sono che condimenti speziati (di cui ne esiste ben più di qualche variante).
Una menzione speciale va fatta per il pane indiano. Ne esistono di numerosissimi tipi, quasi tutti provenienti dalla parte settentrionale dell’enorme penisola asiatica. Il pane (spesso più somigliante a una focaccia o a una piadina, piuttosto che al pane come lo intendiamo noi) serve sia ad accompagnare piatti di carne che a fungere da piatto o da involucro per molte ricette salate, in cui è spesso ripieno di riso, verdure, legumi e spezie. Tra le tipologie più comuni troviamo il Naan, un impasto di farina di frumento cotto nel tipico forno tandoori, il Puri, fatto con farina integrale e dall’aspetto più gonfio rispetto al primo, il Chapali, un pane non lievitato e cotto in una padella detta tawi.
Nella Cucina Indiana è fatto un largo uso di uova, latte e latticini in generale. Si potrebbe classificare la Cucina Indiana, soprattutto nei ristoranti, come: cucina non vegetariana, cucina latte-ovo-vegetariana e cucina latto-vegetariana. Le differenze regionali in ambito gastronomico derivano perlopiù dalla storia coloniale della regione e dalle restrizioni alimentari dovute alla religione. Se nella credenza indù è proibito l’uso della carne vaccina, chi è musulmano prediligerà questa ed eviterà al contrario il maiale. Per gli stessi motivi, oltre che per fattori ambientali e climatici, al nord l’uso della carne in generale è molto più diffuso che al sud, così come il consumo di pesce è ovviamente più ampio sulle coste rispetto all’entroterra. Legumi e spezie invece costituiscono parte integrante di molte preparazioni in tutte le aree del Paese.
La cucina indiana, con i suoi sapori pungenti e caratterizzanti, ha conquistato ormai anche l’Occidente. Se volete assaggiare i migliori piatti della tradizione indiana a Milano passate da Serendib, mentre a Roma, tra gli indirizzi che vi consigliamo, c’è sicuramente il Krishna 13.
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