In Abruzzo si produce una spezia da 50 euro al grammo
Le spezie da sempre sono ritenute un bene prezioso ed esotico. Tuttavia quella che più di tutte raggiunge livelli di prezzo elevati non arriva da paesi lontani, ma è prodotta anche in Italia. Ma perché è così costosa?
Nel corso dei secoli le spezie hanno avuto un ruolo fondamentale non solo in ambito gastronomico, ma addirittura geopolitico, culturale ed economico. Basti pensare, ad esempio, che è stata proprio la brama di tali sostanze aromatiche una delle principali motivazioni che ha spinto, nel XV e XVI secolo, alcuni paesi a intraprendere avventurose spedizioni marittime alla ricerca di nuove rotte, finendo per scoprire nuovi continenti. Il valore commerciale è sempre stato elevato, eppure la spezia più cara è tutt’altro che esotica. Parliamo infatti dello zafferano, la cui produzione è anche nostrana, con ben due DOP italiane: una in Sardegna e l’altra in Abruzzo.
Lo zafferano DOP dell’Aquila
Lo zafferano DOP in Abruzzo è quello dell’Aquila, coltivato precisamente in 13 comuni, tra cui il capoluogo e i piccoli centri dell’Altopiano di Navelli. Attiva nella promozione di questa coltura è l’associazione Le vie dello zafferano, che organizza eventi, giornate di raccolta e una sagra nel minuscolo borgo di San Pio delle Camere, coinvolgendo diverse realtà di eccellenza del territorio. Tra questi vi è la Gelateria Duomo dell’Aquila (tre coni sulla guida Gambero Rosso), del maestro gelatiere Francesco Dioletta, che realizza diversi gusti con i preziosi stimmi. Anche lo chef William Zonfa, utilizza spesso e volentieri lo zafferano nel suo ristorante gourmet, all’interno della prestigiosa struttura di Palazzo Micheletti, sempre all’Aquila. È marchiata Anonima Brasseria Aquilana invece la birra artigianale D’Oro Rosso, aromatizzata, ovviamente, con la preziosa spezia. Ma perché lo zafferano aquilano può arrivare a costare anche fino a 50 euro al grammo?
Ciclo di produzione manuale
La ragione principale è insita nel processo di produzione, che è interamente manuale. Nel mese di agosto i bulbi vengono messi a terra nei solchi, uno di fianco all’altro. Ad ottobre si passa alla raccolta quotidiana dei fiori, che nascono di notte e al mattino molto presto devono essere colti ancora chiusi, per evitare che il sole o l’umidità possano danneggiare gli stimmi. A quel punto occorre sfiorare i fiori, ovvero sfilare i 3 pistilli rossi, separandoli da quelli gialli che, seppur commestibili, non hanno aromi e gusto tipici dello zafferano. Si passa poi alla fase dell’essiccazione sulla brace. Nel frattempo i bulbi si saranno moltiplicati: lasciati nel terreno fino a luglio, verranno tirati fuori, sempre manualmente, e ripiantati nuovamente ad agosto.
La rotazione delle colture
A rendere ancor più dispendiosa la produzione dello zafferano è la necessità di rotazione della coltura sul terreno, una pratica agricola importante che contribuisce a mantenere la salute del suolo, migliorandone la fertilità e la resa.
Imprevedibilità della fioritura
Sebbene lo zafferano non patisca in maniera particolare i cambiamenti climatici, la sua fioritura è notoriamente abbastanza imprevedibile. È difficile dunque pianificare il lavoro in fase di raccolto e predisporre di conseguenza le risorse adeguate in termini di forza lavoro.
Mancanza di lavoratori
E proprio la penuria di mano d’opera è l’ultima delle variabili che incide sul prezzo. Un tempo per il raccolto venivano coinvolti i vari componenti delle famiglie, che generalmente erano numerose. Oggi un’attività così faticosa, per di più occasionale, difficilmente riesce ad attrarre lavoratori.