Storia del tacchino: da piatto del cuore di Dickens a vivanda delle feste
Dagli Stati Uniti all’Inghilterra fino ad arrivare da noi in Italia, il tacchino è parte integrante dei pasti festivi. Conosci la sua storia?
Sontuoso, ricco, ben salsato. Il tacchino ripieno è forse il piatto più conosciuto della Festa del Ringraziamento, che non può mancare, però, neanche sulle tavole del Natale, inglesi o americane che siano. Ripieno di carne, farcito soltanto di spezie e burro, steccato con bacon che sia, cotto per tante ore in ogni caso, è il protagonista e la portata principale, che tutti i commensali aspettano con trepidazione. Ma perché proprio il tacchino? C’entrano i nativi americani, i conquistadores e perfino Charles Dickens.
Nativo americano
Il tacchino è un vero aborigeno americano. Era fonte di sostentamento per i nativi, che soltanto nel XV secolo lo mostrarono a pellegrini e conquistatori spagnoli arrivati in quelle terre. Gli aztechi avevano già addomesticato la sottospecie messicana del tacchino selvatico, il guajolote, lo stesso che poi gli esploratori spagnoli avrebbero riportato in Europa a metà del secolo successivo, trasformandolo in un comune animale da cortile.
La leggenda inglese
Leggenda popolare, in Inghilterra, vuole che a introdurre il tacchino nel paese sia stato un proprietario terriero, William Strickland. Navigatore, poi membro puritano del Parlamento, di lui si narra che, salpato giovane per il Nuovo Mondo come luogotenente di Sebastiano Caboto (il figlio di Giovanni), avrebbe fatto ritorno nella terra natia tenendo sotto braccio sei pennuti, acquistati in un buon commercio con i nativi americani. E che li avrebbe poi venduti al mercato di Bristol, al prezzo di 2 centesimi ciascuno.
Sulle tavole anglosassoni
La storia popolare prosegue e sostiene che il primo re ad avere sulla propria tavola un tacchino per Natale sia stato Enrico VIII. In realtà, una prima testimonianza scritta sulla presenza del volatile si può attribuire all’arcivescovo Thomas Cramner, risalente al 1541. Per arginare l’ingordigia dell’alto clero, ordinò infatti che i grandi uccelli come gru, cigni e tacchini dovessero essere serviti soltanto uno per piatto. La loro grande mole, infatti, giustificava la necessità, visto che erano in grado di fornire più carne.
Il XVI secolo
È nel 1573 che l’agricoltore Thomas Tusser inizia a notare che i tacchini vengono comunemente serviti alle cene di Natale inglesi. Oca e cappone, tuttavia, rimangono ancora la scelta principale. La prima, per cui si poteva risparmiare anche un anno, era la scelta preferita nel sud del Paese, mentre le famiglie più povere si accontentavano di altre carni, come poteva essere quella del coniglio.
Anche Charles Dickens amava il tacchino
Bisogna aspettare l’epoca vittoriana per veder crescere la popolarità del pennuto. È il 1843 e in A Christmas Carol, il nostro Canto di Natale, un redento Ebenezer Scrooge invia al suo bistrattato contabile Bob Cratchit il più grande tacchino che riesce a trovare. Charles Dickens amava il tacchino. Una sua lettera autografa, ritrovata da pochi anni e conservata nell’archivio del National Railway Museum di York, rivela un curioso aneddoto sull’amore dello scrittore per i tacchini e in particolare per quello da 30 libbre che attendeva per celebrare il Natale del 1869, il suo ultimo Natale. “Mi permetto di dire – scrive nella sua missiva, in risposta alle prudenti scuse delle Ferrovie – che non ho dubbi che il mio pranzo di Natale sia andato distrutto in un incidente inevitabile e che ho sopportato la perdita con intatto buonumore nei confronti della Great Western Railway Company”. È grazie a lui se il tacchino, da lì, si trova sempre più di frequente sulle tavole. Nonostante fosse ancora molto costoso, aveva infatti la capacità di sfamare molte più persone, proprio e soprattutto durante le cene natalizie.
Tacchini viaggiatori
Un penultimo passaggio avviene con il miglioramento e la crescita della rete ferroviaria del Regno Unito verso la fine dal 1800. I tacchini cominciano a essere spostati più rapidamente in tutto il Paese. Il che, unito alla letteratura di Dickens, all’aumento della produzione, alla refrigerazione, rende possibile allevarne di più e abbassarne finalmente il prezzo. Ma bisogna aspettare la fine della Seconda guerra mondiale, con un’agricoltura ulteriormente più efficiente e il cibo che diventa ulteriormente economico, per stabilire, una volta per tutte, che il tacchino è finalmente il piatto tradizionale delle feste. Che fa il giro e torna indietro, sulle tavole inglesi, su quelle americane, per il Ringraziamento e per Natale.