Tutti i tipi di olio: quali sono e come usarli in cucina
Gli oli alimentari cambiano in base alla cultura, all’ambiente, al clima e alla vegetazione di un paese. Nelle zone mediterranee, è particolarmente apprezzato ed utilizzato quello d’oliva, che si sposa bene anche con la cucina tipica. Esistono anche gli oli vegetali, che derivano dalla spremitura di semi e che possono essere ricavati anche da altre parti delle piante. Si includono in questa tipologia anche gli oli tropicali, ricavati dalle palme di cocco.
L’olio è un ingrediente fondamentale in molte ricette tradizionali ed è presente in una grande varietà di tipologie e varianti. Tra i principali tipi di olio che si possono trovare in commercio, ci sono l’olio d’oliva, l’olio di semi di girasole, l’olio di mais e l’olio di soia. Ognuno di questi oli ha caratteristiche uniche che lo rendono adatto a diversi usi in cucina, dalla cottura in padella alla frittura e alla preparazione di salse e condimenti.
Tutti i tipi di olio: di oliva, vegetali, tropicali
Nelle zone mediterranee, visto il clima favorevole alla nascita e crescita di alberi di ulivi, troveremo una maggiore presenza dell’olio di oliva, che si sposa alla perfezione con la cucina tipica dei paesi di questa area, sia per condire a freddo una pietanza che per la cottura.
Appartengono agli oli alimentari gli oli vegetali, che derivano per lo più dalla spremitura di semi, ma che si possono ricavare anche da altre parti delle piante, quali frutti, radici e fiori. In questa tipologia si includono anche gli oli tropicali, ricavati dalle palme di cocco, e che, contrariamente agli altri oli vegetali, presentano un’alta presenza di grassi saturi, a scapito di quelli mono e polinsaturi.
Vediamo, nel dettaglio, tutti i tipi di olio che possiamo trovare in commercio e le relative caratteristiche.
Olio di semi di arachide
La pianta da cui è estratto l’olio di semi di arachide è l’Arachis hypogaea. Appartenente alla famiglia delle leguminose è d’aiuto per la prevenzione delle malattie cardiovascolari, vista l’alta presenza di acidi monoinsaturi e acidi linoleici e una ridotta quantità di colesterolo e di grassi saturi. In cucina è utilizzato per le fritture riesce a salire fino 220 °C rimanendo abbastanza stabile, ma anche per le preparazioni dolci, per via del sapore neutro che lo contraddistingue.
Olio di cocco
Estratto dalla polpa essiccata delle noci di cocco, l’olio di cocco è un olio vegetale povero di acidi grassi insaturi ma dall’alto contenuto di acidi grassi saturi (arrivano addirittura al 90%) utilizzato sia in cucina che in ambito estetico e medico. Nel sud-est asiatico è uno degli ingredienti per la preparazione del curry ed è impiegato anche per friggere, nonostante il punto di fumo non superi i 177 °C.
Olio di oliva
Questo olio è estratto dalle olive, ovvero i frutti della pianta dell’olivo. In Italia sono state contate circa 500 cultivar, fra cui la più diffusa e conosciuta è il Leccino, una varietà che si adatta bene a qualsiasi tipo di terreno, a eccezione delle isole e di alcune regioni del meridione. Tipico della zona mediterranea, l’olio di oliva è molto versatile e si presta naturalmente alla cucina del territorio, differenziandosi nelle varie aree geografiche.
Per identificare la qualità di un olio di oliva va calcolata la percentuale di acido oleico presente, indicata come acidità. L’alta quantità di acidità non è un segnale positivo, anzi identifica un prodotto scadente, mentre quando parliamo di acidità bassa vuol dire che ci troviamo di fronte a un prodotto di qualità. L’olio di oliva è anche importante per la prevenzione del cancro e per chi soffre di colesterolo. In cucina regge bene le alte temperature, arrivando a non bruciare anche a 280 °C, ed è quindi molto adatto per le fritture.
In base alla qualità, freschezza, acidità, integrità e lavorazione delle olive si possono distinguere 4 tipologie di olio d’oliva:
- l’olio extravergine di oliva, un olio di categoria superiore, con 0,8% di acidità, che è ottenuto dalla spremitura meccanica delle olive;
- l’olio vergine di oliva, ottenuto con estrazione meccanica, ma presenta un’acidità del 2%;
- l’olio di oliva, che ha un grado di acidità dell’1%, ma è composto da oli di oliva raffinati e vergini in percentuali ancora non stabilite dalla legislazione, e quindi da un olio che è stato sottoposto a un processo chimico per eliminare i difetti e da un olio vergine;
- a questa categoria appartengono anche gli oli di sansa, il cui tenore di acidità non supera 1 g per 100 g; vanno a comporre questo tipo di olio gli oli ottenuti dalle olive uniti o a quelli derivati dalla lavorazione dopo l’estrazione dell’olio di oliva o a quelli provenienti dal trattamento della sansa di oliva, che sarebbe l’olio di scarto non commestibile derivato dall’estrazione meccanica delle olive.
Olio di palma
Questo tipo di olio ha generato molti dibattiti nell’industria alimentare e non solo. L’olio di palma è estratto dal frutto della palma Elaeis giuneensis – una pianta coltivata principalmente in Malesia e Indonesia – tramite la spremitura della polpa, contiene il 50% grassi saturi, una tipologia di grassi che ritroviamo anche nel burro. Per questo motivo in molti lo ritengono un alimento non benefico per il cuore e le arterie, anche se ancora ci sono pareri contrastanti a riguardo.
È di solito consigliato a chi è carente di vitamina A, a chi soffre di colesterolo alto e di trigliceridi nel sangue. Di colore rossastro nelle prime fasi di lavorazione, è sottoposto a vari passaggi raffinatori che lo portano a essere soggetto a diversi trattamenti chimici. Particolarmente usato nella cucina africana, proprio per la presenza di acidi saturi, l’olio di palma tende a solidificarsi a basse temperature.
Olio di palmisti
L’olio di semi di palma, o di palmisti, è estratto dai semi dei frutti della palma da olio chiamata Elaeis giuneensis, che in questo caso vengono essiccati, macinati e pressati. Con l’80% di grassi saturi, quali acido laurico e mistico, si presenta come un blocco solido di colore bianco tendente al giallo, che è utilizzato principalmente per glasse, canditure e farciture nell’ambito dolciario.
Olio di semi di colza
L’olio dei semi di colza è un grasso vegetale derivante dalla spremitura dei semi di due piante appartenenti alla famiglia delle crucifere, la Brassica napus oleifera e la Brassica campestris. Varie sono le leggi che ne regolamentano l’utilizzo nell’industria; nelle margarine, per esempio, non deve essercene più del 5%.
Il motivo di tali restrizioni è dovuto all’importante presenza di acido erucico, un elemento che può portare a un accumulo di grassi nel muscolo cardiaco, e quindi non molto salutare per l’organismo umano. Ultimamente nelle colture si sta lavorando su una colza dalla bassa percentuale di acidi grassi saturi e di acido eurico, per dar vita un olio chiamato olio di canola, ancora difficile da trovare in commercio.
Olio di semi di girasole
Ottenuto da semi di Helianthus annuus, l’olio di semi di girasole contiene un’alta percentuale di vitamina E e di grassi polinsaturi, basti pensare che arriva al 75% di acido linoleico. Se non trattato, tende a diventare rancido facilmente, ma se viene estratto da piante di girasole geneticamente modificate, dall’elevata quantità di grassi monoinsaturi appannaggio degli acidi grassi, è utilizzato anche per cucinare, condire, preparare dolci e friggere – visto che riesce a resistere anche alle alte temperature.
Olio di semi di lino
L’olio di lino è estratto da una pianta che fino a poco tempo fa era utilizzata anche per l’abbigliamento, la Linum usitatissimum. Dal sapore amarognolo che ricorda la noce, è caratterizzato dall’alta presenza di acido linolenico, che lo rende un prodotto ricco di grassi omega 3. Il metodo di estrazione di questo olio si chiama metodo Baglioni, e consiste nell’estrarre l’olio in condizioni molto restrittive e precise, con temperature controllate e evitando la presenza d’aria.
Purtroppo l’alta richiesta di olio di semi di lino ha portato molte aziende a lavorare in modo scorretto e a evitare di seguire queste direttive sia durante che dopo la produzione. È importante stare attenti anche durante le fasi di stoccaggio, vendita a conservazione, ma non sempre le bottiglie scelte proteggono dalla luce e sono tenute in luoghi dalle temperature idonee.
Olio di semi di mais
Estratto dai semi della graminacea nordamericana chiamata Zea mais, l’olio di semi di mais è caratterizzato dall’alta presenza di acido linoleico, vitamina E, provitamina A, proteine e ferro. Dalla bassa quantità di grassi saturi e insaturi, è utilizzato da chi soffre di colesterolo, problemi di intossicazione e celiachia, oltre che nei cambi di stagione e da sportivi che hanno bisogno di energie. In cucina è utilizzato per condire gli alimenti a crudo, anche se regge bene le fritture, arrivando massimo a 180 °C, e le cotture in padella.
Olio di semi di sesamo
È estratto spremendo i semi del Sesamum indicum, una pianta principalmente coltivata in Africa, Birmania, India e Stati Uniti, oltre che in Grecia e nel Sud dell’Italia. Con circa il 40% di acido oleico e linoleico, l’olio di semi di sesamo è considerato a livello medico molto utile per la salute, perché ricco di sali minerali quali calcio fosforo e magnesio, e di vitamine A, E, B1, B2 e B3. In cucina lo troviamo per lo più nei piatti asiatici, indiani e africani, per condire, esaltare i sapori e friggere.
Olio di semi di soia
Olio di origine asiatica, è ricavato dalle diverse tipologie di soia, la leguminosa orientale conosciuta ormai dalla maggior parte della popolazione. Ricco e completo, contiene il 50% di acido linoleico e l’8%, di acido elinoleico, due acidi importanti per la salute del nostro organismo. L’olio di semi di soia è molto delicato, reagisce male agli sbalzi di temperatura e alla luce, per questo motivo è consigliato conservarlo in frigorifero e in bottiglie opache.