14 tipi di prosciutto che dovreste assaggiare
Una piccola guida alle migliori e più conosciute varietà di prosciutto in Italia, dalle 8 DOP fino al prosciutto di montagna e a quello di Sauris.
In Italia i prodotti tipici non mancano. Alcuni, come la pasta e la pizza, si sono diffusi solo di recente in tutta la Penisola; altri ci sono sempre stati. È il caso dei salumi: prima della refrigerazione, prima dei trasporti veloci e persino prima dei Romani, una preparazione a regola d'arte del prosciutto richiede una certa maestria la salagione era l’unico metodo per conservare le preziose proteine per i periodi di magra. E il salume più apprezzato di tutti è da molto tempo il prosciutto, soprattutto se crudo: forse perché lo si prepara con il taglio più pregiato del maiale, forse perché una realizzazione a regola d’arte richiede una certa maestria, oppure perché lo si può personalizzare in molti modi diversi. Un tempo ogni paese e persino ogni fattoria, di montagna o di pianura, aveva la propria ricetta tradizionale, con le erbe del luogo, la pressa, il sale o le spezie.
Oggi le varietà di prosciutto riconosciute come DOP sono 8, ma basta avventurarsi fra le salumerie di quartiere per trovarne spesso molti di più. Per cominciare a orientarsi fra i prosciutti, affumicati o pressati, salati e speziati, ecco una piccola guida alle migliori e più conosciute varietà di prosciutto in Italia.
- Il prosciutto di Parma DOP è senza alcun dubbio il più noto di tutti: qualcuno ritiene che la ricetta di Catone il Censore per il perexsuctum (letteralmente, il ben asciugato), risalente al II secolo a.C., arrivasse proprio da queste terre. Oggi la preparazione è disciplinata da regole precise: sono utilizzati maiali italiani, sale in parte asciutto e in parte umido, lo zampino è rimosso e parti scoperte rivestite di sugna (un impasto di grasso e sale) per proteggerle dall’eccessiva disidratazione. La stagionatura minima è di 10 o 12 mesi, a seconda del peso; più la stagionatura è prolungata, più le carni acquistano una consistenza soda e asciutta.
- Quasi altrettanto noto, in Italia, è il prosciutto San Daniele. Questo, secondo le norme del marchio DOP, può essere prodotto solo nel comune di San Daniele del Friuli: le quantità commercializzate sono quindi molto minori rispetto a quelle del prosciutto di Parma, realizzato in tutta l’omonima provincia. La particolarità di San Daniele è di trovarsi all’incrocio fra i venti provenienti dalle Alpi Carniche e le brezze del Mar Adriatico: il prosciutto, leggermente pressato per assorbire più uniformemente il sale marino, acquista così le note pungenti dell’aria di montagna e quelle più dolci e salmastre del mare. Nella preparazione del prosciutto San Daniele si conserva inoltre lo zampino, per mantenere il taglio integro e più facilmente conservabile.
- Anche il prosciutto Veneto Berico-Euganeo DOP, preparato nelle province di Vicenza, Padova e Verona, è leggermente pressato: è però privo di piedino, e la penetrazione del sale avviene anche grazie a una particolare tecnica di massaggio delle cosce di maiale. La stagionatura può essere di soli 10 mesi: il risultato è un prosciutto sodo ma morbido e dal gusto particolarmente delicato.
- Il prosciutto toscano, prodotto DOP che può essere lavorato su tutto il territorio della regione, è invece ben tondeggiante e soprattutto molto saporito: si deve d’altronde accompagnare al tipico pane sciocco, cioè senza sale. Oltre al sale, per insaporire il crudo toscano si utilizzano alloro, rosmarino, bacche di ginepro e altre erbe aromatiche; alla fine della stagionatura, la cotenna è asportata a formare un taglio a V e il prosciutto ricoperto di grani di pepe.
- Decisamente più bassa è la quantità di sale contenuta nel prosciutto di Carpegna DOP, dalla provincia di Pesaro Urbino: in questo caso, la conservazione della carne è affidata in primo luogo alla fresca aria della valle. Nonostante la lunga lavorazione e una stagionatura che raggiunge di norma i 18 mesi, il prosciutto di Carpegna conserva un colore roseo e un aroma delicato.
- Come i prosciutti più rinomati, anche il crudo di Modena DOP vanta una storia antica, che risale probabilmente al tempo degli etruschi. Molto saporito, non è mai eccessivamente salato: si consuma tradizionalmente con la frutta, come melone e fichi, per esaltare il sapore di entrambi; oppure, come gustoso ripieno per i tortellini modenesi.
- Si narra invece che il prosciutto di Cuneo, DOP dal 2009, fosse in passato realizzato solo nei conventi, unici proprietari nella zona di ricchi allevamenti di suini. Oggi invece la preparazione è affidata ai salumifici delle province di Cuneo, di Asti e di parte del torinese; oltre al sale, per l’aromatizzazione delle cosce si utilizzano una piccola quantità di aceto, pepe e spezie.
- Il Jambon de Bosses, italiano nonostante il nome, è invece il DOP dalla provenienza più elevata: dopo essere state salate e aromatizzate con alloro, rosmarino, timo, aglio, ginepro e altre erbe ancora, le cosce di maiale sono fatte stagionare nei rascard, tipiche costruzioni valdostane a oltre 1800 metri di quota. Il Jambon de Bosses si prepara solo nel comune di Saint Rhémy-en-Bosses, in Valle d’Aosta.
- Il più noto prosciutto di montagna è però forse quello di Norcia, per il quale la produzione avviene solo superata la quota dei 500 metri. La fama dei locali nella produzione dei salumi è tale che il norcino è diventato il salumiere per antonomasia: il prosciutto di Norcia, insaporito dall’aria locale tanto quanto dal sale, contribuisce a dimostrarlo.
- Il prosciutto di Sauris, dal cuore della Carnia, è leggermente affumicato. La particolarità della tecnica è nell’utilizzo di solo legno di faggio, e di alloro e di ginepro per un tocco aromatico. In questo caso, a differenza che per lo speck, l’osso della coscia è conservato.
- Un altro metodo per ottenere prosciutti saporiti è quello di utilizzare le carni di maiali allevati allo stato brado o semi-brado: avviene ad esempio in Toscana per il prosciutto di Cinta Senese e per il prosciutto bazzone, ottenuto da suini grigi della valle del Serchio e della Garfagnana. L’accrescimento di questi animali è più lento di quelli allevati in maniera intensiva: ma i prosciutti particolarmente saporiti che così si ottengono erano perfetti per il gusto contadino di una volta e per l’abbinamento con il pane toscano anche ai giorni nostri.
- Anche in sud Italia si preparano da sempre i prosciutti: rinomati sono quelli di monte del Sannio, insaporiti grazie all’uso generoso degli aromi. Il colore rosso del prosciutto di Pietraroja è dovuto ad esempio anche al peperoncino; e il suo gusto a una leggera affumicatura, che secondo la tradizione avveniva naturalmente, quando il prosciutto era appeso a stagionare vicino ai camini delle case.
- Il prosciutto crudo dell’alta Val Susa è invece preparato con una tecnica del tutto particolare: la coscia di maiale non viene infatti semplicemente salata, bensì marinata per venti giorni in una miscela di erbe e vino bianco. L’asciugatura avviene quindi all’interno di un budello; e dopo una stagionatura di quindici mesi e un ulteriore lavaggio nel vino, il prosciutto ne ricorda gli aromi in ogni fetta.
- Il prosciutto cotto è invece oggi realizzato quasi esclusivamente con metodi industriali, per le maggiori difficoltà nella preparazione: ad esempio, non è prevista la salatura esterna, bensì l’iniezione della salamoia. Tuttavia, una delle preparazioni tradizionali italiane da non dimenticare è quella del prosciutto di Praga. Nonostante il nome possa trarre in inganno, questo particolare tipo di prosciutto cotto è originario della provincia di Trieste: si tratta della rielaborazione di una tradizione austroungarica, oggi andata perduta. La particolarità del prosciutto di Praga, come nel caso di altri prodotti dagli influssi centroeuropei, è l’affumicatura: dopo essere stato siringato con la salamoia e prima della cottura, il prosciutto è infatti esposto ai fumi del legno di abete, da cui ottiene il suo tipico gusto dolce e leggermente aromatico.
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