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Ma chi l’ha inventato il tiramisù?

di Daniele De Sanctis • Pubblicato 24 Aprile 2015 Aggiornato 26 Ottobre 2020 16:35

Uno dei dolci al cucchiaio più amati in Italia e nel mondo, il tiramisù ha origini controverse e una ricetta semplice soggetta a molte varianti.

Il tiramisù è un dolce al cucchiaio diffuso in tutta Italia, e in buona parte del mondo civile, le cui origini sono contese fra Veneto e Friuli Venezia Giulia. È un dessert con una base di savoiardi o di biscotti friabili, inzuppati nel caffè amaro, guarnito con una crema di mascarpone, uova e zucchero, e spolverizzato preferibilmente di cioccolato amaro. il tiramisù ammette tante varianti, dalla ricotta alle fragole, alla crema pasticcera o con biscotti diversi dai savoiardi Ammette varianti bislacche con la crema pasticcera, le fragole, la ricotta ecc. La ricetta non è presente in alcun libro di cucina antecedente gli anni ’70, per quanto molti ne facciano risalire l’origine alla zuppa del Duca senese o al dolce alla crema Torino riportato dall’Artusi. Il tiramisù presenta di fatto delle similitudini sia con la charlotte, una crema bavarese circondata da una corona di savoiardi, che con la zuppa inglese, composta da savoiardi inzuppati nell’alchermes e crema pasticcera detta Del Duca. Il tiramisù si differenzia invece dal dolce Torino, composto da savoiardi bagnati nell’alchermes e nel rosolio inframmezzati da un composto a base di burro, tuorli di uovo, zucchero, latte e cioccolato fondente.

La preparazione del tiramisu alla ricotta

La ricetta tipica del tiramisù prevede 500 g di mascarpone, 6 uova fresche, 100 g di zucchero semolato, 350 g di savoiardi, 6 tazzine di caffè e cacao in polvere. Montate i tuorli con lo zucchero e versateli sul mascarpone; a parte montate a neve gli albumi. Aggiungete questi ultimi al composto, avendo cura di mescolare come sempre dal basso verso l’alto per non smontare la crema. Componete il dolce: utilizzando un recipiente con il caffè, inzuppate i savoiardi e alternateli con la crema, ottenendo più strati. Decorate il dolce con una generosa spolverizzata di cacao amaro. Riponete il tiramisù in frigorifero per almeno 2 ore prima di servirlo.

tiramisù

La storia vuole che Giuseppe Bepi Maffioli, gourmet della cucina veneta in generale e trevisana in particolare, racconta l’origine del tiramisù dalle pagine di Vin Veneto nel 1980, rivista da lui fondata: “È nato recentemente, poco più di due lustri or sono, un dessert nella città di Treviso, il tiramesù, che fu proposto la prima volta nel ristorante alle Beccherie da un Loly Linguanotto. Il dolce e il suo nome tiramisù, come cibo nutrientissimo e ristoratore, divennero immediatamente popolarissimi e ripresi, con assoluta fedeltà o con qualche variante, non solo nei ristoranti di Treviso e provincia, ma anche in tutto il grande Veneto ed oltre, in tutta Italia. Di per se stesso è in fondo una zuppa inglese al caffè, ma non era ancora tiramesù, e bisogna ammettere che il nome ha una sua prestigiosa importanza”. L’intuizione di Linguanotto è stata quella di mescolare alcuni semplici ingredienti: “Solo agli inizi degli anni Settanta, non inventando nulla ma solo unendo ingredienti da sempre utilizzati e a tutti noti, è nato un dolce che ha scatenato la fantasia di molti e la voglia di primogenitura da parte di tutti“.

tiramisù

Fino a non molto tempo la primogenitura del ristorante trevisano Beccherie era generalmente accettata, ma qualcuno ora rivendica i natali di questo dessert tanto amato. Si tratta di Norma Pielli, classe 1917, che per oltre vent’anni ha gestito il Roma di Tolmezzo insieme allo scomparso marito Giuseppe Bepi Del Fabbro. la primogenitura del tiramisù è ancora incerta: tra gli altri, ne rivendicano i natali norma pielli e mario consolo Le cose sarebbero andate così: il Roma proponeva il dolce Torino, a base di savoiardi, burro, cioccolata, rosso d’uovo, latte. In un giorno nel 1951, racconta Norma Pielli “lo modificai, sostituendo il mascarpone al burro, e inzuppai i savoiardi nel caffè amaro”. Mario Cosolo, cuoco di Pieris nel goriziano, avrebbe inventato il tiramisù addirittura 10 anni prima, nel 1940. Mario, chef partigiano, aveva gestito per decenni il ristorante Vetturino. È la figlia Flavia a rivendicare per il padre la creazione del dolce: “Fin dagli anni ’30 mio papà proponeva una coppa di cioccolato e zabaione – allora il mascarpone non c’era – che chiamava coppa vetturino. All’inizio degli anni ’40 ha cambiato il nome al dolce, battezzandolo tiramisù“. Sarebbe stato il commento di un cliente a indurre Mario a mutare il nome: “Ricordo che mio padre mi raccontò di un gruppo di avventori che gli disse di aver apprezzato particolarmente la coppa vetturino con questo commento: Ottimo, c’ha tirato sù”.

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Della disputa sulla primogenitura si occuperà un giudice. Gli ex gestori dell’albergo Roma affermano di avere i documenti in grado di provare che da loro si serviva il tiramisù ben prima che a Treviso e la famiglia Pielli-Del Fabbro si è rivolta a un legale per ottenere la certificazione europea. Dal mio punto di vista è assolutamente valida qualsiasi storia visto che non si tratta di una ricetta né originale né tipica, ma dell’inserimento e delle combinazioni di prodotti confezionati, tanto cari al ventennio e ai futuristi: come non pensare al Carneplastico di Filia e Marinetti, alla Polibibita che sostituisce il cocktail o il Quisibeve al posto del bar. Il tiramisù mi ispira quella necessità di mostrare un’originalità o un’italiana primogenia di una semplice e ottima combinazione; un dessert che ha anche il merito di fare da tonico e sostituire il pan di Spagna con il più italico savoiardo e l’alchermes con il caffè coloniale, non più moresco.

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