Top 3 dei piatti di Danilo Ciavattini a Viterbo
Siamo stati a Viterbo nell’ottimo ristorante di Danilo Ciavattini: ecco quali sono secondo noi i piatti migliori dello chef, oltre a un fuori classifica.
Dov’è quella provincia, silenziosa e chiusa, timida e restia, che conserva la tradizione e la cultura dell’enogastronomia italiana? Ovunque, e meno male. Quella provincia ha voce, anzi voci, tante, nuove e di talento. Quella provincia oggi è anche Viterbo con tanti giovani cuochi che si sanno distinguere per idee e tecnica. dopo esperienze importanti, danilo torna a viterbo a delineare la sua idea di cucina Questa compagine, da poco, può contare anche sul ritorno di un indigeno importante. Di origini viterbesi, nato a Soriano, Danilo Ciavattini non è figlio d’arte. Lui crede nel suo progetto di vita e dopo l’alberghiero decide di affrontare il percorso di crescita incontrando alcuni maestri d’eccezione che della cucina di provincia sono una voce autorevolissima: Paolo Donei e Salvatore Tassa. Poi, quasi per caso dopo un’esperienza importante ad Albano dal vulcanico Alessandro Pipero, approda nella terra natia divenendo lo chef dell’Enoteca la Torre. La classe c’è ed arriva la stella Michelin che porterà con se anche a Roma, dove il ristorante si trasferisce nella lussuosa location di Villa Laetitia della famiglia Fendi. Oggi ha scelto di nuovo la sua terra, Viterbo, creando un luogo magico di due sale, elegantemente arredate, in un antico palazzo del centro storico in via delle Fabbriche 20. Qui entri e respiri da subito l’idea della sua cucina. Quante volte abbiamo sentito parlare di tradizione e innovazione? Da Danilo è un principio tangibile. Il menu cambia al mutare delle stagioni e della reperibilità delle materie prime, conservando sempre un ammirevole equilibrio. La top 3 dei piatti che vorrei raccontarvi (estrapolata da un’interessante percorso di 8 portate a 60 €) è la seguente, accompagnata dal piatto fuori classifica che non può mancare.
- Agnello della Tuscia, patate al camino, la sua salsa e le erbe. Poche volte, credetemi, ho mangiato un agnello così ben cucinato. Grande sapore ma soprattutto una cottura perfetta. L’assaggio mi lascia impressionato, la carne dell’agnello lega benissimo con la nota di fumo delle patate. Poi arrivano le erbe in punta di piedi. Il profumo e la percezione di morbidezza della carne fanno di questo piatto, a mio avviso, un punto fermo nel menu. Un esempio di alta scuola.
- Spaghetti gambero rosso, lavanda e limone candito. Dolcezza, freschezza e poi ancora dolcezza che lasciano il passo all’intenso e inebriante profumo della lavanda. È proprio la presenza della lavanda, appena riconoscibile ma ben presente, a dare a questo piatto una nota di gran fascino. Il connubio tra crostacei, noto cibo afrodisiaco, e la lavanda, utilizzata in antichità per filtri d’amore, crea un sodalizio perfetto anche dal punto di vista dell’ispirazione.
- Cappelli di ricotta di pecora, paté di fegatini di pollo e aceto balsamico. Esageratamente buoni. La sfoglia morbida e sottile racchiude una ricotta di alta qualità, base ideale per l’incontro con i fegatini. L’aceto balsamico, infine, regala quel pizzico di acidità a tanta grassa dolcezza. Ne avrei mangiati ancora, ancora e ancora.
Fuori classifica: Patata interrata (patata del viterbese), zuppetta di funghi porcini, tartufo e terriccio di cornucopie.
Lo chef spiega la sua idea e la ricerca di raccontare la terra e i suoi profumi, quelle radici a cui s’ispira idealmente. Tutto funziona in un susseguirsi di piacevolissime evoluzioni aromatiche che fanno di questo antipasto un piatto estremamente interessante. Complimenti Danilo.