Il Trentino in 10 piatti
La cucina trentina è povera e allo stesso tempo sostanziosa, influenzata dalla gastronomia delle regioni confinanti. Scopritela in 10 piatti tradizionali.
Parlare di una cucina di confine come quella trentina è sempre un po’ complesso, perché i vicini sono spesso pronti ad arrogarsi la nascita di una ricetta, l’utilizzo di un ingrediente, le tecniche di una preparazione. Gli amici altoatesini fremeranno davanti al computer quando leggeranno dello strudel, mentre i veneti sobbalzeranno sulle loro sedie quando si parlerà delle polente. il trentino possiede una cucina di confine, influenzata dalle regioni vicine e composta da specialità simili a quelle venete e altoatesine Il fatto è che data e luogo di nascita di un piatto sono dati difficili da reperire con certezza scientifica e filologica; è molto più semplice ragionare per influenze e variazioni sul tema. Quando pensiamo al Trentino, sono due le cose che ci vengono subito in mente: la prima, quella che più prepotentemente si impone al nostro pensiero, sono le mele, usate per moltissime torte e dolci di vario tipo. Le mele vengono coltivate nella Val di Sole e nella Val di Non e rappresentano il simbolo di questo territorio. L’altro aspetto preponderante della tradizione gastronomica trentina è rappresentato dai formaggi prodotti nei masi e nelle malghe di montagna: l’alta qualità e la grande varietà dei latticini di queste zone collocano il Trentino ai vertici della produzione casearia italiana. Intorno a queste eccellenze c’è tutto un mondo di carni (su tutte suino e selvaggina), salumi (luganega, mortandela, speck, ciuiga), e pesci d’acqua dolce (soprattutto trote). La cucina del Trentino è povera perché parte da ingredienti semplici e di recupero (erbe, farine, patate e pane raffermo), ma allo stesso tempo ricca perché molto calorica e sostanziosa, adatta perlopiù al clima rigido invernale. Vediamo insieme i 10 piatti che più rappresentano la cucina trentina.
- Canederli: il nome di questo piatto è la versione dialettale trentina di knodel, ovvero il modo mitteleuropeo di riutilizzare il pane raffermo. Nell’impasto, ammorbidito dal latte e tenuto insieme da uova e formaggio, possono rientrare speck tritato, luganighe o verdure. Da mangiare in brodo o con burro fuso, i canederli possono essere utilizzati come companatico per gulasch, selvaggina, o altre pietanze a base di carni salate.
- Strangolapreti: la leggenda popolare vuole che questi gnocchi a base di pane raffermo e spinaci selvatici avrebbero potuto soffocare un curato di campagna se la sua perpetua non l’avesse salvato. Da qui il nome, ricorrente anche in altre zone italiane per designare diversi tipi di pasta fresca. Si cuociono in acqua bollente, si scolano e si condiscono con burro fuso e formaggio o con speck e finferli.
- Orzetto: è una zuppa a base di orzo che per una buona cottura deve essere precedentemente messo in ammollo. A insaporire il piatto concorrono un soffritto di carota, patate tritate e, in maniera facoltativa, l’osso di uno stinco di maiale o pancetta. L’orzo è il cereale povero con cui la gente di montagna ha sostituito da sempre il grano, meno adatto ai climi rigidi. Nella tradizione gastronomica trentina rientra in molte preparazioni e spesso può andare a sostituire il riso, come nel caso dell’orzotto. Da provare quello con lo scorzone nero, un tartufo estivo che si trova in diverse zone del Trentino, soprattutto nella Valle dei Laghi e a Vallarsa.
- Panada: piatto poverissimo in cui torna protagonista il pane raffermo, messo in ammollo nel latte. Una volta strizzato si cuoce in pentola con abbondanti dosi di burro e brodo, quanto basta per rendere il tutto morbido e denso. La versione originale finisce qui, ma i più ghotti possono condire il piatto con un filo d’olio (magari del Garda) e una manciata di grana trentino.
- Patugol con le ciughe: cominciamo con la spiegazione dei termini. Patugol è una sorta di polenta preparata con patate lessate, sbriciolate e ridotte in purea a cui si aggiunge un soffritto di burro, cipolla e grana trentino. La ciuga è un salume preparato con le parti meno nobili del maiale e del manzo, caratterizzato dalla presenza nell’impasto di rape fresche macinate. Questo insaccato è affumicato per una migliore conservazione; nel piatto che vi presentiamo va lessato in acqua non salata per completare l’abbinamento.
- Capriolo in umido: grazie a una caccia disciplinata da rigide norme, caprioli e cervi sono sempre più presenti tra i boschi di conifere e faggi del Trentino. Questo piatto è un classico spezzatino in umido; la carne va marinata a lungo nel vino rosso con l’aggiunta dei classici odori: sedano, carota e cipolla, pepe in grani, foglie di alloro e bacche di ginepro. Una volta scolata, va rosolata nel burro e poi si continua la cottura aggiungendo il liquido della marinatura poco per volta. La preparazione si completa in forno. Il risultato è uno spezzatino morbido e succulento da accompagnare a polenta di mais o di grano saraceno.
- Smacafam: è questo il piatto-paradosso, povero e ricco, scacciafame per antonomasia, legato perlopiù al carnevale: un pieno di calorie per il lungo digiuno quaresimale. Si parte da una sorta di polenta non completamente cotta alla quale si aggiunge un soffritto di lardo e luganega. Si ultima la cottura in forno, non prima di aver cosparso la superficie di fette di luganega e burro. Da mangiare caldo per un risultato ottimo e sostanzioso.
- Trota nel manipol: i pesci d’acqua dolce costituiscono una risorsa gastronomica molto interessante nel variegato panorama trentino. Direttamente dal Medioevo, la cottura nel manipol consiste nell’avvolgere una trota in un canovaccio di lino o di cotone con sedano, carota e cipolla, prezzemolo, alloro e polpa di limone; il tutto va fatto cuocere in acqua, aceto e vino, nella proporzione di un terzo per ciascun liquido. Dopo circa mezz’ora il pesce è pronto per essere portato in tavola, accompagnato da salse a piacere.
- Strudel: questo dolce è tipico di tutte le zone europee che abbiano subito la dominazione austro-ungarica. In Trentino, così come in Alto-Adige o in Austria, la versione originale del piatto prevede l’utilizzo di una pasta sottile (alcuni utilizzano la pasta frolla, altri la pasta sfoglia) che racchiuda al suo interno mele, pinoli e uvetta spolverizzati di cannella.
- Straboli (o stroboli): tra i piatti più sfuggevoli e indefinibili della cucina trentina, ogni casa ha la sua ricetta e ogni volta sono diversi. Il nome deriverebbe dal tedesco strauben, arricciato, contorto. E infatti gli stroboli non sono altro che una pastella a base di farina, latte e uova, aromatizzata alla grappa, fritta in olio di semi o, come vuole la tradizione, nello strutto. In cottura l’impasto si incurva dando vita a un dolce non leggerissimo ma sicuramente stuzzicante.
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