Cucinare l’orata: i consigli di Moreno Cedroni
L’orata, dalla carne saporita e compatta, si presta a una varietà di cotture e abbinamenti: abbiamo chiesto consiglio allo chef Moreno Cedroni.
Sgombri, saraghi, lucci e triglie. Il pesce era uno dei prodotti più utilizzati dagli antichi romani e tra le varietà amate, quella che sulle tavole dei nobili non mancava, c’era l’orata. Ne parla anche Marco Gavio Apicio, il gastronomo dell’Antica Roma, nel suo De re coquinaria e a 2000 anni di distanza l’orata resta uno dei pesci più apprezzati. Merito delle sue carni bianche, saporite e compatte, a basso contenuto di grassi, che – spiega ad Agrodolce lo chef Moreno Cedroni – si presta a una varietà di cotture e di abbinamenti ad alto tasso di gusto. Ecco come scegliere e come cucinare l’orata secondo il patron del ristorante Madonnina del Pescatore, a Senigallia.
Chef Cedroni, perché l’orata è un pesce così apprezzato dagli italiani?
“Perché ha una carne bianca molto saporita e perché più di altri pesci si presta davvero a molte ricette: basti pensare che si può mangiare crudo – previo abbattimento – poco cotto, magari con una leggera marinatura, oppure cotto“.
Andiamo in ordine di difficoltà: l’estate è tempo di carpaccio, come si realizza quello di orata?
“Il primo passo è quello di scegliere un prodotto di qualità, optando per un pesce italiano. È un po’ il segreto di Pulcinella ma osservare l’aspetto dell’occhio – che dev’essere vivo – e delle branchie rosse è sempre importante, perché sono due segnali che si tratta di pesce fresco. Quanto al carpaccio, si può servire leggermente tiepido“.
Come si prepara?
“In maniera molto semplice. Si pulisce dalle squame e dal sangue, si eviscera – chi non è capace lo fa fare dal pescivendolo – poi si ricavano dei filetti: a quel punto si tagliano sottili, si mettono sulla carta forno e si condiscono con un pizzico di sale e del salmoriglio. Bastano 2 minuti di forno preriscaldato a 180 °C e sono pronti: a fine cottura, si aggiunge ancora un po’ di salmoriglio e s’impiattano. Volendo si servono con una purè di patate“.
Il salmoriglio è un condimento che usi spesso nei piatti del tuo ristorante.
“Perché è versatile e saporito. In un recipiente si mescolano l’olio, uno spicchio d’aglio tagliato a metà, il succo di limone, il sale e dell’acqua: per ultimo aggiungiamo del rosmarino tritato“.
Dicevi prima che l’orata si presta a diversi tipi di cotture. Facciamo una piccola summa?
“Mi viene in mente il filetto di orata in umido, con un intingolo realizzato con pomodoro e una spruzzata di aceto. Oppure brasato su una padella antiaderente: il calore caramellizza l’esterno della carne, mentre l’interno rimane morbido e succoso. C’è tutto un discorso a parte sul rito dello sfilettamento, che in realtà è semplice dopo aver acquisito un po’ di manualità: una volta tolta la spina centrale, quelle laterali si tolgono con l’aiuto di una pinzetta“.
Il tuo mare è un trionfo di ricette ad alto tasso di gustosità. Però cucinare il pesce è complicato.
“Lo è se ci si ferma ai luoghi comuni. Torniamo ad esempio all’orata. Se ho una cena tra amici e voglio stupirli, posso farla al forno. Una volta desquamata ed eviscerata, su una teglia si fa uno strano di sale fine appena inumidito con dell’acqua: poi si poggia una triglia da mezzo chilo e si ricopre con un altro strato di sale spesso 2 centimetri (in totale basta un chilo di sale). Dopo 20 minuti a 180 °C, la crosta viene via come un cappello e se, ci si accorge che manca un attimo di cottura, si toglie il pesce dal forno e si riappoggia per qualche minuto lo strato di sale, che continua a fare da conduttore di calore.
A quel punto come si serve?
“Il pesce va spinato e condito semplicemente con un filo di olio extravergine fruttato, e come contorno serviamo dei roscani o dei fagiolini bolliti, molto buoni in questa stagione. L’estrema semplicità di questo piatto nasconde un gusto inaspettato“.
Guardando alle tue esperienze di cuoco che ha girato il mondo, c’è una ricetta a base di orata i cui sentori restano sul tuo palato?
“Nei mari delle mie zone non c’erano molto orate ma tante cugine strette, ovvero le mormore. Mia mamma ne faceva di ottime sulla griglia: le apriva a libretto, toglieva la spina centrale, poi le condiva con aglio, olio e prezzemolo. La pelle e squame proteggono dal calore e in pochi minuti per lato l’orata era pronta: il profumo della griglia era inebriante“.
Di recente sei stato a Expo, di cui sei uno degli Ambasciatori: oltre a cucinare nel padiglione di Identità Golose, hai avuto modo di vedere qualcosa d’interessante?
“Ho visitato il padiglione di Giappone, Corea e Angola e ci tornerò più avanti per guardare altro. Proprio nel padiglione giapponese mi ha colpito una tecnica di cottura del pesce che si adatta bene anche all’orata. Loro friggono il pesce tutto intero, immergendolo in un tegame a 180 °C. Si può provare anche a casa, utilizzando un buon olio di arachide: la pelle e le squame fanno da mezzo di irradiazione di calore, dunque l’interno rimane morbido. Una volta cotta, si toglie la pelle e si condisce con qualche goccia di salmoriglio“.
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